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  • Marçela, sotto un’acerba luna
  • Marçela, sotto un’acerba luna

    Il sogno di Alvise

    Published by darkglobe on 20-May-2017 00:00 (4114 reads)

    “Marçela, sotto un’acerba luna” altro non è che la lucida rappresentazione del disfacimento dei sogni e delle speranze di una generazione, vista dagli occhi lucidi di un piccolo manager torinese di nome Alvise, giunto al suo mezzo secolo in piena crisi d’intentità affettiva e morale. Alvise è stanco delle ipocrisie del mondo che lo circonda, che partono da quelle familiari, un matrimonio essenzialmente di convenienza ed un figlio perdigiorno, e si estendono al proprio microcosmo lavorativo fino al macrocosmo di una società in dissoluzione, dove il sogno propagandistico del “più per tutti” si è frantumato nella dura realtà della regressione della dignità del lavoro, esportato massicciamente in luoghi in cui tutele e conquiste sociali sono sostituite da assenza di regole e massima redditività, meccanismo infernale che col tempo fagociterà gli stessi mentori di questi nuovi sogni di ricchezza, spazzando via non solo la vecchia classe operaia ma intere catene manageriali. In questo vuoto pneumatico di valori Alvise prova a compensare allontanandosi il più possibile da casa per lavoro, trastullandosi fisicamente con donne di strada, fino ad incontrare la sua Marçela, grazie alla quale nascerà in lui il sogno di azzerare la sua triste esistenza e fuggir via.
    Marçela, donna che basa il suo “flusso potente di vita” su concretezza e praticità, è il simbolo di un mondo altro, dove fame, guerre e sopravvivenza sono il necessario ed inevitabile controcanto ad esistenze costruite su ipocrisie e sopraffazioni incanalate nelle consuetudini di vite morte e già scritte prima di nascere, nelle quali perfino i tradimenti di letto assumono il volto dell’ordinarietà.
    Molto bella la tessitura narrativa di questo romanzo, con uno spostamento di orizzonti che parte dalla fuga di Marçela e si sposta sugli ultimi preparativi di Alvise prima del tentativo di fuga da un mondo a lui sempre più estraneo, conditi da ciniche e franche riflessioni del protagonista su se stesso e sulla grettezza dell’umanità da cui è attorniato. Questa fuga, continuamente ostacolata da nuovi imprevisti, culminerà in una dovuta riflessione sul senso stesso del legame con Marçela, nel quale l’ambiguità tra riconoscenza e amore, oltre che la differenza di energie vitali, decideranno il futuro di tale rapporto.

    Alberto Davanzo è un bravissimo autore. La sua scrittura colta si lascia dietro le spalle il pattume di tanta produzione fai da te, prediligendo la forma letteraria allo scritto-parlato e la bellezza della nostra lingua alla mortificante aridità lessicale di tanta produzione nostrana, anche di quella appartenente a certi odiosi circuiti letterari pericolosamente chiusi al nuovo ed incapaci di cogliere l’originalità di certe opere.
    Nel racconto non manca a volte una certa crudezza, mai del tutto prosaica, che si affianca alla ricca espressività e cura delle parole grazie alla quale si può assaporare in pieno il piacere della lettura.
    Consigliato, nella speranza che questo autore trovi spazi migliori rispetto a quelli fino ad oggi concessigli.



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