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  • Recensione film: Donnie Darko
  • Recensione film: Donnie Darko

    Uno dei migliori film del cinema indipendente

    Published by darkglobe on 19-Aug-2014 01:00 (726 reads)

    Film di culto di difficile catalogazione di genere, visto che occupa gli ambiti del fantastico, di una innovativa rappresentazione del complesso mondo adolescenziale, della spietata critica alla middle-class della provincia americana e infine di tematiche care alla cybercultura. Scritto e diretto da Richrad Kelly, è basato sul testo di Roberta Sparrow La filosofia dei viaggi nel tempo (testo in realtà inesistente, probabile opera dello stesso Kelly), a sua volta arricchimento fantasioso delle teorie sul multiverso del matematico Stephen Hawking, secondo cui il tempo potrebbe divergere occasionalmente verso dimensioni temporanee parallele ed instabili della durata di qualche settimana, destinate a collassare tra di loro con effetti distruttivi. Ma questo substrato teorico è solo l'asse portante della struttura narrativa in cui agisce il protagonista, Donnie Darko (Jake Gyllenhaal), adolescente maturo ed introverso, capace di guardare a fondo dentro ed oltre gli accadimenti e la superficialità con cui chi lo circonda affronta la propria esistenza, fatto che lo pone in una situazione di scarsa popolarità tra coetanei ed insegnanti e gli procura addirittura una diagnosi di probabile schizofrenia, che induce i genitori a metterlo in terapia psichiatrica e sotto cura farmacologica. Ed è proprio alla psichiatra che Donnie racconta che una notte è stato richiamato in giardino da una voce proveniente da uno strano ed inquietante coniglio di smisurate dimensioni, il quale ha raccontato al ragazzo che mancherebbero solo quattro settimane alla fine del mondo: quella stessa notte, così inizia il film, il motore di un aereo casca sulla casa dei suoi. Sarà lo stesso incidente a chiudere il film, ma tra quei due episodi trascorreranno 28 giorni, in una atmosfera tetra ed ambigua in cui il tema della morte e del rapporto consapevole con essa surclassa i classici canovacci adolescenziali di altre opere.
    Il film è aperto ovviamente a diversi ed innumerevoli piani di lettura, in un lavoro di regia che appare perfetto e privo di alcuna sbavatura, pronto a stimolare continuamente la curiosità e l'interesse dello spettatore.
    Le citazioni e i riferimenti filmografici non si contano: Harvey, Gente Comune, Ritorno al futuro, Lolita, Tre Colori, tutte suggestioni cinematografiche che si reinventano nella esoterica meta-trama di questo splendido lungometraggio d'esordio de succitato Richard Kelly.


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