Ricerca

Utenti online

6 user(s) are online (4 user(s) are browsing Publisher)

Members: 0
Guests: 6

more...
Publisher >
  • Recensioni > Libri
  • Il bacio della bielorussa
  • Il bacio della bielorussa

    L'abbraccio mortale del sistema

    Published by darkglobe on 24-Mar-2015 21:30 (3308 reads)

    Definire “Il bacio della bielorussa” un semplice noir pare riduttivo. Il lavoro di Antonio Pagliaro va infatti ascritto alle tematiche dello spionaggio internazionale, ma per certi versi costituisce una rappresentazione sociologica estesa agli ambiti della mafia, della corruzione politica, dei servizi segreti deviati, della peggiore massoneria e più in generale della degenerazione dell’essere umano, schiavo delle proprie debolezze e dei propri errori e dunque nella propria perenne battaglia contro se stesso. L’essere umano, condizionato dalla propria formazione culturale, dal contesto ambientale e dalle fragilità personali, compie o è costretto a compiere scelte di vita che ne segnano in maniera indelebile il futuro, impedendone una qualsiasi svolta nel segno del cambiamento e del recupero.
    Per tale motivo “Il bacio della bielorussa”, pur essendo un testo che narra all’apparenza solo fatti, in maniera mai accademica o pedante, ma anzi con uno stile asciutto ed incalzante, tradisce una scelta morale, una scelta di condanna senza spesso attenuanti, quanto piuttosto di severa critica ad un “sistema” di ragnatele e di corruzione, nel quale perfino i metodi dei tutori della legge superano i limiti e i confini del rispetto della dignità umana.
    La morale è che in certi “sistemi” l’amicizia e la protezione reggono finché sei una pedina utile allo stesso e che anche il più fidato degli amici sarà pronto a dimenticarsi di te; al punto che una donna/amante verrà miseramente scaricata quando la sua bellezza sfiorirà e su chi commette errori non saranno possibili sconti, sicché l’amicizia, la riconoscenza e la pietà verranno sostituiti, nel segno del presunto “onore”, dal tradimento della fiducia, dal disprezzo e dal cinico annichilimento dell’altro.
    Nel libro abbondano i colpi di scena, ad arricchire una storia già di per sé intrigante che prende certamente ispirazione da fatti reali, a volte sussurrati con accenni e comunque metabolizzati in una trama che è tutto tranne un irreale racconto di vicende di sopraffazione e degrado. Non manca in alcuni casi la cruda descrizione di fatti orrendi, nella loro immensa brutalità e spietatezza senza confini, a testimonianza dell’umana abiezione.
    La storia prende origine nelle acque di un canale di una umida e grigia Utrecht, ma si estende progressivamente a Palermo e al Lussemburgo, in indagini caratterizzate da una successione di inaspettate scoperte che coinvolgono il patetico ispettore di polizia criminale van den Bovenkamp, uomo avvolto dalla mediocrità della sua triste esistenza di separato, che ha ceduto alle lusinghe di una barista sexy. Disprezzato dalla moglie, che per dispetto tende a negargli le visite al figlio Tim, l’ispettore (forse descritto in modo un po’ manieristico, l’unica vera pecca del testo di Pagliaro) maledice il ritrovamento di due cadaveri ed il loro collegamento con una disinibita bielorussa, misurando tutta la sua inadeguatezza professionale con una storia che si rivela via via più e troppo complessa, al punto da portarlo ad essere destituito dal suo incarico quando con zelo si sarà avvicinato eccessivamente alla verità.
    La trama, che coinvolge anche un corrispondente siciliano, il tenente dei carabinieri di Palermo Cascioferro, viene intervallata (con un trucco diegetico che ricorda il Vargas de "La zia Julia e lo scribacchino") dai racconti di iniziazione e di killeraggio di Franz La Fata, un affiliato di Cosa Nostra; un tipo che per certi versi, per la sua rozza cultura ed il suo freddo cinismo, basati su insegnamenti etici pratici e semplici, rasenta il comico, quando ragiona di "obbedienza" cieca e "senza far domande", di donne “buttane” che portano guai, di "cappotti di legno", di segni della croce, di gusti musicali e via dicendo. Sembra che Franz parli tra sé e sé, ma il suo narrare in prima persona (rigorosamente in siciliano) è quasi un dialogo con il pubblico dei lettori, ed è questo l’aspetto forse più riuscito del testo di Pagliaro.
    I personaggi, non sono abbozzati, sono anzi descritti per lo più tramite i loro dialoghi. Tant’è che di Gaia, della sua bellezza e della sua mestizia ce ne innamoriamo tutti, comprendendo via via molto del suo carattere, sia dalle parole di Franz, che se ne invaghisce perdutamente, sia tramite le di lei affermazioni. Ed il non detto lascia spesso nel romanzo aperte domande, con cui la storia continua a navigare nel nostro immaginario anche a libro terminato. Che legame affettivo aveva la bielorussa con la figliastra? Come si sarebbe comportata Gaia se le cose fossero andate in maniera diversa? Chi è effettivamente Corrado lo Coco?
    In questo turbinio di complotti, tradimenti e nefandezze umane, nel quale fa da contraltare alla cupezza dell'argomento il tono ironico e un po' dissacrante con cui scorre la rassegna dei vari personaggi, si affacciano mariti gelosi, politici ed avvocati a fine carriera, loschi e depravati massoni, giornalisti d’inchiesta, procuratori, magistrati ed infine piccoli tutori della legge, come Cascioferro e van den Bovenkamp, il cui unico sprone a proseguire le indagini è dato dalla loro coscienza che pare un atto di eroismo in un mondo che cade a pezzi.
    In conclusione una gradita sorpresa ed un libro da non perdere. L'editoria italiana, invece di accapigliarsi per emerite sciocchezze, dovrebbe badare a curar meglio i propri autori di genere, Pagliaro è senza alcun dubbio tra questi.


    Navigate through the articles
    Previous article Il giovane Holden Cosa pensano i Gatti Italiani dei Felini Stranieri Next article
    The comments are owned by the author. We aren't responsible for their content.