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  • Recensione film: My One and Only

    Il viaggio del cambiamento

    Published by darkglobe on 06-Jan-2018 22:30 (1188 reads)

    Incredibile, se solo ci si pensa, che My One and Only (Viaggio d'estate) non sia mai stato proiettato nelle sale italiane ma sia stato distribuito solo attraverso il circuito dell’Home Video. Incredibile perché si tratta di un film assolutamente delizioso, prodotto dal geniale Aaron Ryder, che vede alla regia un bravissimo Richard Loncraine e che prende spunto dalle esperienze e gli aneddoti di gioventù dell’attore George Hamilton, raccontati al noto conduttore televisivo ed amico Merv Griffin, tradotti poi in sceneggiatura da Charlie Peters.

    Protagonista assoluta è senza dubbio Renée Zellweger, che interpreta con un’efficacia da attrice ormai navigata il ruolo di Ann Deveraux, donna degli anni ’50, all’apparenza svampita ma in realtà dotata di una enorme forza d’animo, di grande generosità e di una fiducia incrollabile sul fatto che anche le situazioni peggiori prima o poi si risolveranno.
    Siamo con esattezza a New York del 1954, quando Ann scopre il marito Dan Devereaux (Kevin Bacon) a letto con una delle sue amanti. Lui è un direttore d’orchestra donnaiolo, il cui unico grande successo è stato la composizione della canzone che dà il titolo al film. Ann, pur se del tutto dipendente economicamente dal marito, stufa dei suoi tradimenti, lo abbandona e decide di partire per un lungo viaggio alla ricerca di un nuovo marito che possa mantenere se stessa e i suoi due figli Robbie (Mark Rendall), avuto da una precedente relazione, giovane un po' effemminato con aspirazioni d'attore mai concretizzate, e George (Logan Lerman), ragazzo quindicenne molto maturo e saggio ma anche introverso come Il giovane Holden, suo testo preferito. Prima di partire Ann va a prelevarli da scuola sbagliando clamorosamente istituto, a riprova di quanto sia sommariamente coinvolta nelle loro vite.
    Il viaggio avviene in una Cadillac Eldorado scelta da George su commissione della madre, con la quale porta avanti un’esilarante trattativa per il suo acquisto, dopo che la stessa Ann ha poco prima svuotato la cassetta di sicurezza per procurarsi tra le varie un'auto "pratica".
    Il primo paradosso è che Ann, incontrando a Boston il suo ex spasimante Wallace McAllister (Steven Weber), scopre che lo stesso è in difficoltà finanziaria e viene addirittura da lui derubata della borsa; ma questo primo incidente di percorso le consente l’incontro causale con un’altra sua vecchia conoscenza, il colonnello Harlan Williams (Chris Noth), che qui abbandona i panni del fascinoso Mr Big di Sex and City per rivestire quelli di un ottuso e taccagno militare, in perenne uniforme, nonché patriottico anticomunista; sboccia un fidanzamento, malvisto dai figli di Ann, che termina in breve burrascosamente con la richiesta della restituzione di una collana di perle ed una vera e propria rissa, quando il militare scopre che Ann ha regalato i 500 dollari del catering ad un gruppo di ragazzi paralitici.
    Arrivati a Pittsburg, Ann viene prima malmenata da Oliver (Russ Widdall) con cui è uscita per una serata galante e poi ancora scopre che un ex amico Charile Currel (Eric McCormack), che ha provato a riconquistare, è legato ormai ad una giovanissima ragazza che, incontrandola, la pungola in maniera offensiva per l’età; scoraggiata prova a sfogarsi al bar con un uomo di nome Frank (Anthony Addabbo) che si rileva in realtà un detective e la arresta scambiandola per prostituta. Viene recuperata da Bud (Nick Stahl) un giovane e silenzioso vicino di casa del quartiere povero in cui hanno affittato una casa, che ha preso una cotta per lei: una figura indubbiamente positiva, l’unico che tra tanto cinismo dà alla donna un senso di speranza ma con cui lei non trova uno slancio che vada oltre un abbraccio di riconoscenza. La saggia e disincantata sorellina di Bud, Paula (Molly Quinn), si è per di più altrettanto invaghita di un imbarazzato George, a cui in un drive-in è arrivata a mostrare i suoi seni.
    Nel frattempo è lo stesso George ad incontrare suo padre Danny che è in città in un tour e a cui chiede di riportarlo a New York, ma Danny lo rifiuta adducendo la scusa di essere continuamente in viaggio per il lavoro, facendo concludere al figlio che il padre non abbia amato né lui né la madre; il ragazzo scopre però che Danny aveva inviato denaro diverse volte alla madre, sistematicamente restituito con orgoglio al mittente.
    A corto di soldi, Ann si dirige a St. Louis dalla acida sorella Hope (Robin Weigert) e dal comprensivo marito Tom (J.C. MacKenzie), sorella a cui vuole bene ma con cui ha un pessimo rapporto conflittuale. Ann trova perfino un lavoro in un negozio di vernici e finisce per fidanzarsi con il ricco proprietario Bill Massey (David Koechner), con cui decide di sposarsi, salvo poi scoprire, quasi in procinto del matrimonio, che è un matto già accasato e convolato a nozze varie volte. Viene ripagata dalla famiglia dell'uomo per i danni causati dai suoi problemi mentali e decide con quei soldi di riprendere il cammino per Los Angeles. Ma George, che frequentando la scuola locale scopre di avere grandi doti di scrittore, decide di rimanere con la zia. Ann e George litigano amaramente e la madre, rassegnata, accetta la sua decisione e parte con Robbie, che ora le farà da autista. Vicino ad Albuquerque i due vengono derubati da una coppia strampalata, Wendy (Phoebe Strole) aspirante attrice e Becker (Troy Garity) delinquentello incallito, ed a quel punto George, avvertito telefonicamente dal fratello, li raggiunge dopo aver scoperto che la madre aveva lasciato generosamente quasi tutti i suoi soldi agli zii per il suo mantenimento.
    I tre arrivano a Los Angeles e si sistemano in un misero appartamento. Ann un giorno trova a sorpresa il marito in casa che le chiede di tornare con i ragazzi a New York, ma lei lo allontana dolorosamente, conscia di non avere più bisogno di lui, pur essendone affettivamente ancora legata.
    Ann, lavorando come comparsa in un film, attira l'attenzione del produttore e riesce a far avere al figlio Robbie un ruolo da protagonista, ma è la stessa sera che viene informata che Danny è morto per un attacco cardiaco. George vola a New York per partecipare ai funerali del padre ed ottiene di rimanere lì a frequentare la sua ex scuola con tanto di borsa di studio. Ma quasi subito il ragazzo ritorna a Los Angeles e, mentre aiuta sul set il fratello appena ingaggiato ma in gran difficoltà nel recitare per la priva volta sul serio, viene scoperto come attore di talento. Così Robbie rinuncia alla recitazione e si dedica alla sua passione di costumista e George diventa un attore hollywoodiano cambiando il suo cognome in "Hamilton", quello vero del padre.
    La conclusione è che i tre, lungo il loro cammino, hanno scoperto che non avevano bisogno di nessuno, essendo perfettamente in grado di occuparsi di loro stessi. Ann ha imparato oltretutto a diventare anche una madre migliore, più responsabile ed affettuosa e a rinunciare alla sua idea di trovare un inutile compagno di vita.

    Una trama come si può vedere complessa ed articolata, una sorta di road movie metafora di un cammino di ricerca delle vere identità dei protagonisti, fino a poco tempo prima vissuti nella comodità di una vita agiata, legata ai sostentamenti economici del padre.
    Sullo sfondo c’è in qualche maniera l’atmosfera post-bellica a cui qualcuno tra gli spasimanti di Ann sembra ancora fervidamente legato in nome della “guerra fredda”. Ma il mondo corre, i ricordi affettivi si tramutano a volte in dolorose sorprese, il cinismo umano si fa largo tra sentimenti nobili quali correttezza e generosità, ancora propri della protagonista. L'America raffigurata è comunque quella ingenua e creativa dei primi anni di ricerca estetica, quella della musica dal vivo con ensemble da 15 elementi, quella dei cartelli stradali variegati e disuniformi, quella delle newyorkesi con guanti alle mani, gonna bombata e cappellini in testa a cui fa da contraltare la povertà delle periferie un po' desolate delle città industriali del paese.
    La filosofia di vita di Ann, per andare avanti, è “non guardare lo specchietto retrovisore”, non voltarsi indietro e rimpiangere quello che si è appena lasciato: sembra quasi incarnare il simbolo di quell’America buona, dei personaggi tipici dei film di Frank Capra, la cui caratteristica predominante è la ostinata fiducia in sé stessi e nella propria operosità.
    Ann deve tra le tante confrontarsi con la propria età che avanza e che potrebbe procurarle la perdita di quel fascino seduttivo che lei sembra, tra una batosta e l’altra, ancora fermamente convinta di possedere, pur riscontrando lungo la sua strada nell’altro sesso più scostumatezze che galanterie; ma essendo poi ancora capace di far perdere la testa a Ben, ragazzo più giovane di lei ed assai taciturno che, colpito dal suo fascino, inscena davanti alla Cadillac un discorso sulla “automobile che è considerata un simbolo della sessualità latente”.
    Ann, all’apparenza leggera ed evanescente, sembra conoscere molto bene come gira il mondo maschile quando risponde al figlio, che non la considera abbastanza intelligente,  che “non c’è donna che appare tanto intelligente ad un uomo quanto quella che lo sta ad ascoltare”.
    La voce narrante del film viene affidata al figlio saggio, George, di cui Lerman rappresenta molto bene i suoi sentimenti dilaniati tra il desiderio del ricongiungimento degli affetti, gli impulsi adolescenziali e la ricerca volta al riconoscimento delle proprie attitudini, prima individuate nella scrittura e poi rimescolate fortuitamente su un set cinematografico. Suo fratello, più affine alla eccentricità e stravaganza della madre, che lo porta ad esempio a cucire lungo il viaggio su una maglia i nomi delle tappe raggiunte, rappresenta una certa identità anomala in una America ancora troppo bacchettona: bravo Rendall a non raffigurare un personaggio pateticamente carico di eccessi ma semplicemente coerente con una sensibilità che non ha bisogno di etichette specifiche.
    Molto delicato e sincero lo scambio di vedute tra George e la piccola Paula, in cui lui prova ad insegnarle che non tutto è destinato a finire male (sembra quasi che reciti gli insegnamenti della madre) e che le cose non sono sempre cupe, come il sano pessimismo di una vita da periferia povera indurrebbe a farle credere e lei, molto aperta e trasparente, insegna a lui a lasciarsi un po’ andare.
    Kevin Bacon incarna con efficacia la figura dell’eterno bambinone, preso dal suo lavoro di girovago attorniato da belle donne ed incapace di assumersi responsabilità serie di marito e di padre, ma anche capace di slanci di generosità, pienamente consapevole dei suoi errori e dei suoi rimorsi.
    Fa da sfondo per tutta la durata del film uno humor dal gusto inglese, dunque mai grossolano, pungente ma delicato al pari dei sentimenti che sono alla base della storia.
    Il regista Richard Loncraine dimostra un ferreo controllo della messa in scena, che ha consentito di girare il film con ritmi serratissimi, ed un certo gusto per i piani sequenza primari, elementi entrambi indispensabili per la realizzazione di un'opera cinematografica con un budget a disposizione non elevatissimo, tenuto anche conto delle enormi difficoltà dovute al continuo rimescolamento della troupe legato alla sua tipologia itinerante.
    Marco Pontecorvo, direttore della fotografia, riesce a gestire la luce in modo che accompagni in qualche modo gli stati d’animo dei protagonisti e gioca sui colori, a volte quasi pastello, rendendo pienamente l’idea del periodo di ambientazione.
    Un film dicevamo delizioso che non ha una facile classificazione ma che merita di essere visto da coloro a cui piacciono le belle storie, nelle quali bene e male si mescolano come nella vita reale.

    Eccellente il DVD della Fox HE: video con ottima definizione e resa cromatica, audio 5.1 Dolby Digital e soprattutto stracolmo di interessantissimi extra sottotitolati in italiano.


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