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  • Recensione film: Maliziosamente
  • Recensione film: Maliziosamente

    Storia d'amore e di sopraffazione

    Published by darkglobe on 15-Oct-2016 01:00 (4183 reads)

    Sia ben chiaro, Maliziosamente non è un film imprescindibile tra quelli che hanno fatto per certi versi la storia del cinema erotico. Difficile trovare una collocazione per quest'opera franco-belga diretta a 4 mani da Paul Colette e Pierre Drouot: rivendendolo sa tutto di grande amatorialità e budget ridotti all'osso, girato per quasi la totalità all'interno della casa di Michel (Daniel Vigo), il protagonista maschile, che impersona un giovane ricco, donnaiolo ed un po' alcolizzato, dalla esistenza vuota ed alla ricerca di continue nuove emozioni. Pensa di poterle trovare nel sottomettere moralmente e fisicamente, sul modello del romanzo Histoire d'O, la bella ma ignorante giovane cameriera Gise'le (Nathalie Vernier), venuta a sostituire la precedente da un paesino di provincia, spedita via di casa dalla Zia, il cui amante aveva messo gli occhi su di lei. La ragazza si lascia sottomettere dal giovane dandy, subendo le sue vessazioni ed umiliazioni perché nonostante tutto prova amore e riconoscenza verso quest'uomo; ma la svolta arriverà quando Gise'le, ormai maturata, vivrà, in assenza del suo amante-padrone, una storia di amore saffico con la di lui amica Leni (Laetitia Sorel).
    Mancano del tutto i campi lunghi in quest'opera girata con una insistenza a volte quasi maniacale sui dettagli, che passano con una certa disinvoltura dal lavello, al whiskey versato nel bicchiere fino al capezzolo delle giovane sventurata. Si gira spesso con camera a mano, ed intriganti, nonostante questa mania quasi claustrofobica del ravvicinato, appaiono alcune messe in scena che figurano il rapporto tra la bellissima Gise'le e il suo vestiario, metafora estetica della sua evoluzione morale e psicologica da sottomessa a potenziale padrona. Di erotico c'è tutto sommato veramente poco, ma si tenga anche conto dell'età del film.
    Sembra quasi un'opera girata in due tempi, visto che la prima parte stenta a crescere emotivamente, la colonna sonora è irritante (ricorda per stile quella delle sexy-commedia italiane dei 70) e poco credibile appare la costruzione del personaggio Michel (nonostante le citazioni autoriali con poster di un film di Godard che troneggia in casa) in quella che dovrebbe essere la sua ansia di depravato e torturatore, che già al secondo amplesso prende poco verosimilmente a schiaffi la cameriera solo la sera prima sedotta. Tutto invece cambia quando viene tratteggiata la delicata storia d'amore tra Gise'le e Leni, credibile, realistica e scenicamente molto ben costruita ed è da quel momento (ma siamo all'ultima mezz'ora) che il film prende il volo.
    Maliziosamente, pur se rivolto agli amanti del genere erotico-bondage, alla fine si traduce in una rappresentazione disillusa della vacuità, della volubilità e della caducità dell'essere umano e dunque del nonsense della sopraffazione, nella quale in questo caso si assiste alla canonica inversione finale dei ruoli ed all'ansia di libertà della protagonista dai lacci di questo lungo abbraccio fisico e mentale.


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