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  • Recensione film: Non torno a casa stasera

    Primo film di Coppola con ambizioni autorali

    Published by darkglobe on 18-Feb-2015 01:00 (789 reads)

    Primo film di Coppola, che ne firma sceneggiatura e regia, con ambizioni autorali: l'impianto è di tipo esistenziale ma viene sviluppato attraverso lo strumento cinematografico tramite soluzioni di sperimentazioni visive e drammatiche. Il film, pur ricevendo un riconoscimento al festival di San Sebastian nel 1969 come migliore opera e regista, fu però un clamoroso fiasco al botteghino, il che è comprensibile data la sua immaturità sperimentale.
    Protagonista di questa storia incerta è Natalie Ravenna (Shirley Knight), giovane sposa, che un giorno va via di casa dopo aver scoperto di essere incinta, volendo misurare se stessa riflettendo sul proprio senso di inadeguatezza di fronte a tale evento. Lascia un biglietto al marito, prende l'auto e va via. Passa prima dai genitori inorriditi e poi prosegue il viaggio, interrotta nei pensieri da violenti flash di memoria su alcune scene del matrimonio. Telefona al marito da una cabina per dirgli a voce che non tornerà la sera, poi prende posto in un motel. Quando riparte incontra per strada un'anima solitaria, Kilgannon detto "Killer" (James Caan), ex giocatore di football, a cui - si capirà presto, anche tramite altri flash - uno scontro di gioco ha provocato una menomazione permanente al cervello. L'unica a non capirlo subito è proprio Natalie, che, nonostante l’ex giocatore si leghi morbosamente a lei, dopo un po' cerca di scaricarlo: lo lascia, lo riprende, lo porta via, non riuscendo a trovare uno straccio di persona che lo accolga per un posto di lavoro. La stessa ex del giocatore, presso il ranch del cui padre Natalie lo ha portato nella speranza di una sistemazione, lo manda via con un cinico disprezzo definendolo un minorato. Alla fine si trova una fabbrica di polli il cui proprietario, il signor Alfredo, riesce solo a derubare Killer dei suoi 1000 dollari che la squadra gli ha regalato dopo l'infortunio.
    Natalie scappa via in auto pur di liberarsi dell’incomodo ospite ma viene fermata per eccesso di velocità dal poliziotto Gordon (Robert Duvall), altro personaggio dietro cui si cela il dramma di un uomo che - lo racconteranno altri flash - ha perso moglie ed una figlia in un incendio. Il poliziotto costringe Natalie a pagare la multa proprio presso la fabbrica di Alfredo, per cui la donna ritrova ancora una volta il suo ospite. Lei in ogni caso accetta di trascorrere la serata nella di roulotte del poliziotto, il quale la divide con la figlia di dieci anni, che manda via brutalmente. Natalie però si irrigidisce comprendendo che Gordon cerchi di fare l’amore col ricordo della moglie più che con lei. Il poliziotto, vistosi rifiutato, diventa furibondo ed alza le mani ma a qual punto riappare Killer che sfonda la porta e solleva per aria Gordon, salvato da un probabile massacro dalla di lui figlioletta che spara contro Killer per fermarlo. Solo a quel punto la protagonista dice al suo ospite, ma è troppo tardi, che "può ancora rimanere con lei".
    Killer è con tutta evidenza il simbolo del figlio non desiderato da Natalie, figlio che la spaventa e di cui tenta di liberarsi quando ne percepisce il peso opprimente. Purtroppo Shirley Knight conferisce al suo personaggio solo la parte più propriamente nevrotica della madre mentre sembra totalmente perdersi qualunque predisposizione materna, perfino quando il poliziotto tratta con violenza la propria figlioletta. Quello che piuttosto trionfa nei rapporti che si dipanano lungo il viaggio di Natalie è il profondo cinismo dell’essere umano (lo sportivo un tempo osannato ora è un relitto umano da annichilire perfino dai ricordi): tale cinismo viene svelato dalle azioni e dai discorsi di chi incontra o dal continuo sgorgare dalla testa dei protagonisti di quei violenti lampi di flashback, allucinazioni che Coppola scaraventa sullo schermo come traduzioni visive e senza filtri dei brutali stati d’animo interiori. Sembra manchi in ogni caso, in questo viaggio fisico, il completamento del percorso interiore della protagonista, continuamente presa più dai fatti che si susseguono, dalle angosce, dalle paure istintive, che dalle riflessioni personali ed esistenziali. Forse solo in Un sogno lungo un giorno il cammino interiore troverà sua piena e convincente forma.


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